Molti sono i luoghi del nostro paese legati indissolubilmente alla storia, ma solo pochi possono vantarne un filo diretto, tanto da diventare testimoni incontrastati nel presente della vita nel passato. Il lago d’Averno, bacino vulcanico del comune di Pozzuoli, tra la frazione di Lucrino e Cuma, è tra questi. Il suo nome deriva da Avernus, in greco άορνος (‘senza uccelli’), pensato dagli antichi per i gas che un tempo venivano sprigionati dalle acque, letali per i poveri volatili che avevano la sfortuna di sorvolarne la superficie. E proprio per questa caratteristica naturale, si riteneva che esso fosse l’accesso all’Oltretomba, la porta degli inferi, ovvero l’Ade, da cui si giungeva ad una vita ultraterrena.
E’ l’antico poeta Virgilio a imprimere per sempre, nel corso della storia, questo suggestivo ruolo mistico del lago, narrandone la presenza nel sesto libro dell’Eneide, dove lo colloca appunto vicino all’ingresso agli Inferi, in cui l’eroe Enea ebbe a recarsi. Ecco il passo dove viene narrata la discesa dell’eroe nel regno dei morti:
«C’era una grotta profonda e immensa per la sua vasta apertura, rocciosa, protetta da un lago nero e dalle tenebre dei boschi, sulla quale nessun volatile impunemente poteva dirigere il proprio volo con le ali, tali erano le esalazioni che, effondendosi dalla nera apertura, si levavano alla volta del cielo. (Per questo i Greci chiamarono il luogo col nome di Aorno). Quand’ecco ai primi chiarori del sorgere del sole mugghiare la terra sotto i piedi e le cime delle selve cominciare a tremare e le cagne sembrano ululare attraverso l’oscurità all’avvicinarsi della dea. – Lontani, state lontani, o profani, – grida la veggente, – e allontanatevi da tutto il bosco; e tu intraprendi la via e strappa la spada dal fodero: ora, o Enea, ci vuole coraggio, ora ci vuole un animo risoluto. Detto questo entrò furente nell’antro aperto; ed egli con passo sicuro eguaglia la guida che avanza. O dei che avete il dominio sulle anime, ombre silenziose e Caos e Flegetonte, vasti luoghi silenziosi nella notte, concedetemi di raccontare quel che udii e col vostro consenso rivelare le cose sepolte nella terra profonda e nell’oscurità. Andavano oscuri nella notte solitaria attraverso le tenebre e le vuote case di Dite e i regni delle ombre vane come è il cammino nelle selve al debole lume dell’incerta luna quando Giove nasconde il cielo nell’ombra e la nera notte toglie il colore alle cose. Proprio davanti al vestibolo e sul primo ingresso dell’Orco, hanno il loro giaciglio il Lutto e gli Affanni vendicatori e vi abitano le pallide Malattie, la triste Vecchiaia, la Paura e la Fame cattiva consigliera, la turpe Miseria, fantasmi terribili a vedersi, la Morte e il Dolore; quindi il Sonno, fratello della Morte, e i malvagi Piaceri dell’animo e sull’opposta soglia la Guerra portatrice di morte, i letti di ferro delle Eumenidi, la pazza Discordia coi capelli di vipere cinti con bende sanguinanti. In mezzo un ombroso immenso olmo stende i rami e le sue vecchie braccia, dimora che, dicono, i Sogni fallaci occupano a frotte e restano attaccati sotto ogni foglia. E inoltre numerose figure mostruose di diverse fiere hanno dimora sulle porte: i Centauri e le Scille biformi, Briàreo dalle cento braccia e l’idra di Lerna, che stride orribilmente e la Chimera armata di fiamme, le Gòrgoni e le Arpie e il fantasma dell’ombra dai tre corpi. Qui Enea, tremante per un improvviso terrore, afferra la spada e presenta la punta aguzza alle ombre che avanzano e se non l’avvisasse l’esperta compagna, che si tratta di vite leggere senza corpo che volteggiano sotto una vuota immagine di forme, si sarebbe precipitato e invano col ferro avrebbe squarciato le ombre. Di qui comincia la via che porta alle onde del Tartareo Acheronte, qui un gorgo torbido di fango ribolle in una vasta voragine ed erutta tutta la sua melma nel Cocito».
Il brano è tratto dal sito: blogcamminarenellastoria.wordpress.com
Il lago d’Averno è il secondo per dimensione, dopo il Fusaro, dei bacini dei Campi Flegrei. La sua profondità misura circa 34 metri e per le rovine archeologiche che lo circondano, è considerato una sorta di luogo stregato, per l’immane suggestione che esse evocano, assieme all’incanto della natura verdeggiante che ne fa da cornice. La flora ivi presente, infatti, è costituita da esemplari di ginestre, pini marittimi, cannucce, salicornie, lecci e salici bianchi. Mentre la fanua comprende pesci, rane, uccelli e finanche pipistrelli. Chi vi giunge, non può fare a meno di ammirare la natura che si sposa perfettamente con le antichità del passato, come l’Antro della Sibilla Cumana, grotta scavata nel tufo che misura 200 metri, il Tempio d’Apollo e la Grotta di Cocceio, il cunicolo scavato dai romani a scopo militare come collegamento tra il lago e Cuma.
Per ammirare questo sito naturalistico basta percorrere l’autostrada A1 Napoli- Roma, e proseguire per la Tangenziale di Napoli verso Pozzuoli. Bisogna poi prendere l’uscita n. 14 Pozzuoli – Arco Felice e seguire le indicazioni per Napoli-Pozzuoli, Baia e Bacoli.
La prima immagine dell’articolo è tratta dal sito: napoli.repubblica.it
L’immagine del dipinto di Richard Wilson (dal titolo Lake Avernus e datato circa 1765) è tratta dal sito: wikipedia.org